CARMEN ANDRIANI
Carmen Andriani si è laureata presso la facoltà di architettura Ludovico Quaroni di Roma nel 1980, dal 1992 è stata docente presso la Facoltà di Architettura di Pescara e dal 2022 presso quella di Genova. Dal 1996 è anche caporedattore della rivista del DAU di Pescara «Piano Progetto Città» e visiting professor presso la Waterloo University di Toronto.
La sua attività ruota attorno alla ricerca sulle trasformazioni indotte nel paesaggio da manufatti dismessi e da grandi opere d'ingegneria. Tra i numerosi progetti elaborati negli ultimi anni si segnalano in particolare: un percorso turistico-monumentale dalla piazza del Pantheon a Fontana di Trevi (in corso di realizzazione); la sistemazione del prospetto della città di Teramo sulla valle del Tordino (1993); il recupero del Porto Corsini a Ravenna (1994); la riqualificazione del parco fluviale e del porto canale di Pescara; il progetto per un parco tecnologico e per la riqualificazione ambientale dell'area metropolitana di Rogoredo a Milano (1995); il progetto per la riqualificazione del Borghetto Flaminio a Roma (concorso, prima e seconda fase, 1995); la mostra “L’architetto e l’artista a confronto su un tema emblematico: l’ampliamento di spazi e di funzioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna” (1997) e il progetto per il Centro delle Arti Contemporanee di Roma (1998); il concorso per il Ponte dei Congressi (2000) e l’ampliamento della Galleria Comunale d’Arte Contemporanea (2001).
Durante la pandemia Covid-19 ha espresso il suo modo di ripensare la città, facendo riferimento a Roma e individuandola come quella che può guidare il rinnovamento delle città. Roma va ripensata in un prospettiva di mobilità diversa, favorendo l’uso degli spazi aperti; la campagna romana è un elemento fondamentale in quanto rappresenta un vero e proprio tessuto in grado di connettere le placche urbane ma, al tempo stesso bisogna rinnovare le funzioni che trainano la città facendo riferimento alla produzione, all’economia, alla cultura, alle funzioni sportive e fieristiche e inserirle in spazi aperti o coperti ma che siano di connessione. Questo cambiamento va di pari passo con il rinnovamento della mobilità pubblica, si preferisce una mobilità “lenta” e sicura.
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