ELISA MONTESSORI e GIOVANNA DE SANCTIS RICCIARDONE

ELISA MONTESSORI

 

Elisa Montessori nasce a Genova nel 1931 ha uno spiccato interesse per il disegno sin da bambina cosa che riprenderà subito dopo la laurea in Scienze Umanistiche. Il suo primo maestro è Mirko Basaldella, artista vicino al Gruppo Origine di Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla, il quale la forma come pittrice e disegnatrice, sperimentando la tempera all’uovo, il mosaico, l’incisione, l’oreficeria e lo sbalzo.

L’artista avrà un incontro significativo con la cultura cinese tramite il matrimonio con il primo marito l’ingegnere di origine cinese Mario Tchou. Elegante nel segno e nella composizione, nella ricerca della Montessori si rintraccia l’influenza di due mondi: la fertilità culturale dell’occidente e quella più segnica e nascosta dell’oriente.

La Montessori dal 1950 ad oggi utilizza linguaggi e tendenze stilistiche diverse, un po’ astratte e un po’ figurative, senza dover sottostare ad una tendenza o un movimento in particolare.

“lavorare per me è il desiderio di eliminare”

La Montessori ha continuato a creare opere costruite sul concetto di accumulazione e sottrazione.

Grazie al suo modo non univoco di vedere l’arte, nelle sue opere si percepisce la ricerca di un rapporto significativo tra donna e natura, come se ci fosse un processo di trasformazione e metamorfosi.

La sua formazione classica la portano ad avere un intenso rapporto con la letteratura e la poesia sviluppando un percorso armonioso nella memoria e nelle emozioni, a volte interrotto dagli eventi del vissuto senza mai risultare discontinuo.

Sin dagli inizi utilizza linguaggi indipendenti, che possono risultare forti e generanti, costruiti sulla sua storia.

Importanti anche i pensieri che riguardano l’emancipazione femminile ove la libertà creativa e politica sono da fondamento.

La poetica di Elisa Montessori parte proprio dall’atto del guardare e rapportarsi con il mondo in quanto corpo e sguardo, rifacendosi alla prima scrittura della mano, compulsiva, libera, a tratti violenta, che porta a riprodurre non ciò che si vede dinnanzi a sé ma ciò che si conosce. Una mano che sa più dell’occhio, con una memoria che non traduce la realtà ma registra l’esperienza. Il segno, come lo sguardo, è un’incisione in costante trasformazione e quello di Elisa Montessori è un tratto cumulativo e sottrattivo, che spinge, avanza, sposta l’orizzonte sempre più lontano. Cattura le linee interne delle cose e fissa le relazioni tra di esse, da qui l’importanza delle forme stagliati contro un fondo che rappresenta l’ignoto, che danno spazio alla metamorfosi.

L’imperfezione, il casuale, l’irregolarità, le sorprese e i rischi non sono cose negative ma interesse per uno studio delle sue opere dove si trova molto spesso questi elementi tramutati in trasformazioni di paesaggi. È proprio questa imprevedibilità che dà fascino alle sue opere.

Una sua celebre opera sono i Tropismi (1975) esposti prima a Parma poi a Napoli, consistono in tre opere delle dimensioni di 148x149 cm ciascuno composti da tanti cartoncini incollati distanziati tra loro sopra una base di garza, dove i disegni a china di trame astratte lasciano posto a una serie di aerofotogrammetrie formando un intreccio di immagini come una morfologia naturale di terreni visti dall’alto. Quest’opera è un esempio di come l’artista è riuscita a combinare la percezione visiva lenticolare tra il paesaggio-ideogramma dai tipici tratti illusivi e rarefatti del disegno orientale e quello documentato meccanicamente. Le opere testimoniano un percorso tra vista e visione mentale, tra l’impalpabile e l’esistente.

Un dualismo evidente nella celebre opera La terra dei Masai, esposta alla Biennale di Venezia nel 1982. Una terra lontana dove l’orizzonte fatto di calda sabbia ocra, le nuvole, il riflesso del sole, costruiti da una sinfonia di segni compositivi leggeri, si distinguono su un fondale di aria pura e trasparente, descrizione del vuoto, dell’assenza, dell’ignoto, generando un paesaggio al limite tra il verosimile e l’onirico. Leggerezza, trasparenza, vuoto, sono anche alla base dei Paesaggi trasparenti (1974), piccoli fogli leggeri di plastica stropicciati e lasciati cadere a formare un’opera bidimensionale che si fa scultura.

La vita artistica di Elisa Montessori è stata piena di integrità e coerenza, ogni opera è un percorso vario dove si ha sia una parte razionale sia una parte personale ed emozionale.

Elisa Montessori vive il mondo, lo guarda e gli scava dentro, facendoci vedere attraverso i suoi tratti che ciò che essi rivelano non è una realtà univoca. Un quadro racchiude sempre un quesito e più si guarda e più ne troviamo altri.

 

GIOVANNA DE SANCTIS RICCIARDONE

 

Giovanna De Sanctis Ricciardone è stata, come lei stessa si descrive, un'ARCH-ARTISTA: si laurea negli anni '60 nella facoltà di architettura di Roma e nel 1974 aderisce all'associazione culturale "il Politecnico" fondata da Amedeo Fogo, cioè un luogo di raccolta di architetti, artisti, musicisti, poeti, artigiani, ecc. In questo periodo inizia a lavorare come artista e diventa responsabile della sezione delle Arti Visive fino a quando nel 1992 decide di lasciare Roma per trasferirsi in un paese della bassa Umbria in cui nasce il Progetto-Arte cioè un luogo più adatto alla sua passione per la scultura. 

Lei stessa definisce la passione come un sentimento potente non necessariamente riferito all'amore piuttosto è un forte legame (che può essere anche eterno) instaurato con qualcosa o qualcuno e, data l'etimologia del termine (passio = sofferenza), può essere anche fonte di sofferenza. La passione è quel sentimento che genera un atto creativo da cui nasce il progetto, non esclusivamente riferito al senso architettonico ma visto come qualcosa rivolto al futuro. 

Il Kosmos è per lei l'archetipo fondamentale, rappresenta il senso primigenio che l'essere umano ha di essere schiacciato da forze cosmiche verso la terra (gravità), tuttavia sente anche il bisogno di comunicare con esse in particolare con quelle che permettono di volare in alto e muoversi verso il cielo (il sole). La correlazione tra progetto e Kosmos sta nel momento in cui un grande elemento lapideo che giace a terra schiacciato dalla gravità viene disposto in posizione verticale verso la luce del sole, il menhir è quindi il primo atto della scultura, se aggiungiamo altri elementi fino a raggiungere una struttura trilitica otteniamo il dolmen che è invece il primo atto dell'architettura. 

Una sua forte passione è la riscoperta del Barocco e più nello specifico di Bernini, il quale si libera dal peso della materia creando nuove forme che si rivolgono verso il cielo quasi mosse dal vento e che generano torsione e piegatura dello spazio. Secondo lei le sculture femminili dalle vesti movimentate quali l'estasi di Santa Teresa e della Beata Ludovica simboleggiano la misteriosa creazione del cosmo. La riscoperta del Barocco avviene alla fine degli anni '70 e il legame con le opere di Bernini rimane talmente forte da essere ricorrente nelle forme e nello spazio di molte sue successive sculture. Il suo lavoro Barocco rivissuto nel contemporaneo prende il nome di Barock sin dagli anni '90 e con lo stesso nome presenta una mostra a Terni nel 2007. Altro elemento di richiamo Barocco è la torsione dei corpi, del piano e delle forme; pertanto, i suoi lavori degli anni '80 sono caratterizzati dalla geometria delle rigate che vanno a creare un mix tra Barocco e Futurismo da cui deriva la sua prima mostra di scultura chiamata Galaxias inaugurata nel 1988. 

Nel 1992 lascia Roma e fonda il Progetto-Arte in un piccolo paese dell'Umbria, costruisce un capannone prefabbricato in una zona industriale priva di strade asfaltate e luce elettrica in cui la sera, al buio e in silenzio, si dedicava alla scultura. In questo periodo approfondisce il tema Arte e Città e inizia a collaborare con diversi architetti ma mantenendo il suo ruolo di artista e viene coinvolta nella partecipazione a concorsi di realizzazione di opere artistiche negli spazi urbani in particolare piazze o nella realizzazione di arredi sacri nella chiesa di San Pio di Roma. 

Dopo la scomparsa del marito intraprende un percorso di Auto-Meta-Morfosi da cui analizza le sue esperienze e valori da trasmettere al futuro. 

 

 

Domanda: Analizzando la sua vita artistica abbiamo potuto notare che, nonostante la vicinanza che lei ha avuto con altri artisti, ha deciso di non adottare una corrente presistente; è stata una necessità o una scelta quella di aderire ad una corrente indipendente?



Studenti: Gianmarco Di Nucci, Nicolò Simonetti


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